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giovedì 17 marzo 2011

150° ANNIVERSARIO DELL'UNITA' D'ITALIA

C'ero anche io sui banchi di scuola in quel lontano 1961 e  ho imparato a memoria la poesia della "Spigolatrice di Sapri" per celebrare la ricorrenza.......con quanta coscienza del fatto non so dire, ma certo con estrema docilità, come tutti i miei compagni di classe....!!


In un volumetto consegnato per incarico dell'allora Ministro della Pubblica Istruzione agli studenti nella ricorrenza del primo Centenario dell'Unità d'Italia, anno 1961, si legge questo canto, "LA SPIGOLATRICE DI SAPRI", ispirato all'eroica impresa di Carlo Pisacane, uomo vicino a Giuseppe Mazzini il quale era dell'idea che fosse necessario promuovere l'insurrezione, per liberarsi dagli oppressori, anzichè aspettare la libertà come dono concesso dai sovrani.
Con un piccolo gruppo di compagni, Carlo Pisacane sbarcò nel 1857 a Sapri animato dalla speranza di riuscire a sollevare la popolazione. Accolto dai gendarmi, cadde combattendo con molti dei suoi.


 LA SPIGOLATRICE DI SAPRI
di Luigi Mercantini

 Eran trecento: eran giovani e forti:
          E son morti!

     Me ne andava al mattino a spigolare
Quando ho visto una barca in mezzo al mare:
5Era una barca che andava a vapore,
E issava una bandiera tricolore.
All’isola di Ponza si è fermata,
È stata un poco, e poi s’è ritornata;
S’è ritornata, e qui è venuta a terra;
10Sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra.

     Eran trecento: eran giovani e forti:
          E son morti!

     Sceser con l’armi, e a noi non fecer guerra,
Ma s’inchinaron per baciar la terra:
15Ad uno ad uno li guardai nel viso;
Tutti aveano una lagrima ed un sorriso:
Li disser ladri usciti dalle tane,
Ma non portaron via nemmeno un pane;
E li sentii mandare un solo grido:
20— Siam venuti a morir pel nostro lido!—

     Eran trecento: eran giovani e forti:
          E son morti!

     Con gli occhi azzurri e coi capelli d’oro
Un giovin camminava innanzi a loro;
25Mi feci ardita, e presol per la mano,
Gli chiesi: —Dove vai, bel capitano?
Guardommi, e mi rispose: —O mia sorella,
Vado a morir per la mia Patria bella!—
Io mi sentii tremare tutto il core,
30Nè potei dirgli: —V’aiuti il Signore!—

     Eran trecento: eran giovani e forti:
          E son morti!

     Quel giorno mi scordai di spigolare,
E dietro a loro mi misi ad andare:
35Due volte si scontrar con li gendarmi,
e l’una e l’altra li spogliar dell’armi:
Ma quando fûr della Certosa ai muri,
S’udirono a suonar trombe e tamburi;
E tra il fumo e gli spari e le scintille
40Piombaron loro addosso più di mille.

     Eran trecento: eran giovani e forti:
          E son morti!

     Eran trecento, e non voller fuggire;
Parean tremila e vollero morire:
45Ma vollero morir col ferro in mano,
E innanzi ad essi correa sangue il piano.
Finchè pugnar vid’io, per lor pregai;
Ma un tratto venni men, né più guardai...
Io non vedeva più fra mezzo a loro
50Quegli occhi azzurri e quei capelli d’oro!...

     Eran trecento: eran giovani e forti:
          E son morti!


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